Attività Formative
Prospetto attività formative 40° ciclo - a.a. 2024/2025
Tema attività formativa 2024/2025: L'ARTISTA nell'epoca della sua riproducibilità tecnica: creatività umana e artificiale
Parafrasando il celebre saggio di Walter Benjamin sull'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, si pone la stessa domanda ma estesa agli artisti stessi e non solo alle loro opere. L'avvento e il rapido sviluppo delle Intelligenze Artificiali (IA) hanno ravvivato le discussioni sulla natura delle capacità umane, con un particolare focus sulla creatività e quindi sull’arte e sul valore estetico.
Tradizionalmente considerata un baluardo esclusivamente umano, la creatività è ora messa in discussione dalla comparsa delle intelligenze artificiali generative capaci di analizzare vasti insiemi di dati, sia testuali che visivi, per estrarne regole strutturali capaci di generare contenuti simili a quelli osservati. Questo processo non si limita a una mera replicazione, ma scopre le 'ricette' per creare contenuti che mantengano l'essenza dell'originale, portando alla produzione di infinite variazioni sul tema dato.
Questa generazione è creatività o la creatività (quindi il valore artistico) sono qualcosa che va oltre la semplice generazione di contenuti? Ma allora che cosa sono?
Di fronte a questo vertiginoso cambiamento della base tecnologica, emergono domande provocatorie:la generazione di contenuto operata dalle IA può essere considerata una vera forma di creazione?C'è un valore aggiunto reale in questi processi? E la creatività umana, è forse così diversa?
Questi interrogativi non sono solo teorici, ma illuminano aspetti fondamentali del funzionamento cognitivo umano e delle sue potenzialità creative.
In questa nuova era, l'interazione tra intelligenza artificiale, arte e creatività riflette una dinamica più ampia, quella tra cultura e tecnologia, e segna una profonda trasformazione in atto nella nostra società. Analizzare questi rapporti non solo aiuta a comprendere il cambiamento culturale corrente, ma pone anche le basi per riflessioni future sul ruolo dell'uomo e una nuova prospettiva per i valori estetici.
Prospetto attività formative 39° ciclo - a.a. 2023/2024
Tema attività formativa 2023/2024: Sfida al silenzio. Arti e media tra narrazione e anti-narrazione
Innumerevoli sono i racconti del mondo. In primo luogo una varietà prodigiosa di generi, distribuiti a loro volta secondo differenti sostanze come se per l’uomo ogni materia fosse adatta a ricevere i suoi racconti: al racconto può servire da supporto il linguaggio articolato, orale o scritto, l’immagine, fissa o mobile, il gesto e la commistione coordinata di tutte queste sostanze; il racconto è presente nel mito, le leggende, le favole, i racconti, la novella, l’epopea, la storia, la tragedia, il dramma, la commedia, la pantomima, il quadro [....]; il racconto comincia con la storia stessa dell’umanità; non esiste, non è mai esistito in alcun luogo un popolo senza racconti.
R. Barthes, Introduzione all’analisi strutturale dei racconti
In che termini si può parlare, oggi, di narrazione nell’ambito dei visual studies e dei media studies?
La narrazione è ritenuta un fenomeno universale e un bisogno originario dell’uomo che nel corso del tempo si è incarnato in diversi media (dai manufatti rupestri ai prodotti delle tecnologie più avanzate come VR, AR, NFT, Metaverso, Podcast, IA) (M. Cometa, 2017). Eppure, almeno fino agli anni Novanta, è stata vittima di una presa di distanza da parte delle arti e delle teorie estetiche del Novecento – ad es. gli astrattismi e i concettualismi che hanno spesso inteso l’opera come esperienza pura, indipendente da condizionamenti storici, politici, sociali – oppure di nostalgiche, a volte edonistiche, citazioni postmoderne svuotate di autentica forza vitale (J. Elkins, 1991 e 2015).
Dopo il Duemila, il progressivo ricorso a prospettive intermediali, transmediali, crossmediali e multimediali nei linguaggi oggetto dell’interesse dei visual studies e dei media studies, la crescente centralità data alla dimensione contenutistica (si pensi a street art, pratiche partecipative, arte pubblica, mostre e megainstallazioni d’artista, documentari, NFT), il successo di temi a metà tra fiction e testimonianza (in particolare, nell’alveo di un rinato cinema del reale), la fame di storie alla quale provano a dare risposta la serialità televisiva, i videogame, i testi letterari, l’invasione di ricostruzioni e aneddoti veri e fake trasmessi ogni giorno attraverso il web e i social, sono solo alcune delle testimonianze di una nuova forma di attenzione nei confronti delle possibilità e delle aspirazioni narrative e anti-narrative del nostro tempo (M. Rieser, A. Zapp 2002; N. Spector, 2020; V. Trione, 2019 e 2022).
Siamo di fronte a quella che potremmo considerare una sfida al silenzio, condivisa da tante produzioni visuali, mediali, letterarie. Forse, la conseguenza della diffusa necessità di raccontare se stessi, la propria comunità o il mondo (le guerre, la pandemia, il cambiamento climatico, le migrazioni, le minoranze, la diversità, la solitudine, l’attivismo) o dell’urgenza di proporre contro-narrazioni di tipo sociale, storico, generazionale, identitario, alimentate dalla semplicità di rivolgersi a un pubblico smisurato, grazie a migliaia di dispositivi (B. Czarniawska, 2004; M. Kreiswirth, 2005). Con la consapevolezza di una più autentica libertà nello scegliere di rispettare, misurare e trasgredire, all’occorrenza, la linearità della narrazione, dilatandola, frammentandola per poi recuperarla, senza l’obbligo di rifiutarla (W. Wolf, 2003; M. Hyvärinen, A. Korhonen, 2006; K. Speidel, 2017 e 2018).
Nel nuovo millennio, inoltre, il patrimonio artistico e culturale si fa sempre più protagonista di estensioni narrative di tipo visivo, immersivo, uditivo. A essere proposte, negli ambienti del museo, dell’archivio, del sito archeologico, della mostra, sono esperienze che vengono vissute muovendosi fisicamente e concettualmente, in base all’ordine del discorso predisposto dall’artista, dal curatore, dal regista o dal programmatore, nello spazio reale o nello spazio reso virtuale/ibrido dalle tecnologie (M.-L. Ryan, 2004).
Infine, Internet. Che rappresenta un territorio sconfinato in cui costruire la propria narrazione o dare ascolto a quelle degli altri, veicolate dai molteplici formati condivisibili (come stories, reel, audio) o generate dalle risposte dell’Intelligenza Artificiale, sempre più autonoma nel gestire il linguaggio umano in chiave riproduttiva e generativa.
Il XXXIX ciclo del Dottorato in Visual and Media Studies si propone di individuare le principali linee di ripresa e sviluppo della narrazione nell’ambito dei visual studies e dei media studies in un’ottica storica e teorica. Attraverso incontri con autorevoli voci del panorama nazionale e internazionale della ricerca, con studiosi e responsabili di archivi, di istituzioni culturali e museali, si tenterà di ricostruire il complesso orizzonte di riferimento, segnato da differenti gradi di narratività e anti-narrazione, tenendo conto dei processi legati ai linguaggi specifici, alla loro ibridazione e all’impatto tecnologico.
Tradizionalmente legato all’identità europea, il tema del patrimonio culturale e artistico si costituisce attorno al problema della conservazione e della salvaguardia di un tesoro di resti su cui si fonda il senso di un’appartenenza e il legame con la Storia – di un luogo, di un territorio, di una comunità –, ma anche l’ordine di trasmissione tra le generazioni dei valori di una civiltà. Il patrimonio è un’eredità di inestimabile pregio: un documento/monumento della grandezza del passato, da celebrare e onorare, ma anche da valorizzare, rianimandone il senso attraverso il rinnovarsi del gesto creativo di messa in forma di un mondo. Da una cultura del monumentale, della celebrazione delle vestigia di un passato da perpetuare più che da interrogare, si è passati a considerare il patrimonio una fonte straordinaria per l’innovazione, aperto al futuro (P. Sacco, 2018)
L’evidente richiamo economico di molti termini in gioco – i beni, il valore, il tesoro – è già la spia degli interessi che si legano al patrimonio e al suo possibile sfruttamento, oggetto di un dibattito accesissimo (S. Settis, 2007 e 2012; T. Montanari, 2015) a tutela dei beni comuni: del diritto fondamentale all’accesso e alla condivisione democratica dei saperi e della bellezza.
Il culto di quello che resta si accompagna e per molti versi traduce il senso del pericolo della perdita, che appare irreparabile nel caso del patrimonio artistico. Tanto la violenza del tempo quanto quella degli uomini mette a rischio il dovere di preservare la memoria e le sue vestigia, ma anche – se pensiamo al paesaggio e all’ambiente naturale che definiscono un altro aspetto del patrimonio come ordine del riconoscimento identitario – l’integrità di un luogo che ci è lasciato in eredità innanzitutto come bene comune da conservare. Lo sperpero, nel caso del patrimonio ambientale, rischia di essere senza rimedio, mettendo in primo piano un’etica del patrimonio, più che un’estetica – e una politica – della sua condivisione. La furia distruttiva sembra oggi esercitarsi proprio sul patrimonio artistico, sui simboli della bellezza della Storia, in una nuova barbarie che trova nel gesto iconoclasta l’espressione di una volontà di annientamento dell’idea del tempo e dei suoi lasciti, in un trionfo dell’autorità del presente (P. Matthiae, 2015; M. Bettetini, 2006 -2016).
A fronte di un più generale smarrirsi dei legami con il passato dentro l’imperante qui ed ora di un presente senza respiro, negli ultimi anni si sono moltiplicate le giornate della memoria, i musei e i memoriali dedicati a precisi eventi storici, a sollecitare l’azione necessaria del ricordo. Mai come in questi decenni si sono costituiti archivi di ogni genere per la raccolta di documenti, oggetti e tracce anche effimere della storia di territori, genti e imprese o della vita quotidiana e delle forme del lavoro, testimonianze di mondi scomparsi, di un passato cronologicamente recente eppure già lontanissimo. L’ossessione per l’archivio, in parte sollecitata dalle possibilità garantite dalle nuove tecnologie digitali, si accompagna a una ridefinizione dei confini del patrimonio culturale, non più limitato alle opere o ai documenti della grande tradizione storico-artistica.
Se la selezione e la scelta di quello che merita di essere conservato, esibito, studiato, chiama in causa i gesti opposti di preservazione/distruzione; memoria/oblio; riconoscimento/marginalità che segnano ogni processo culturale e identitario, la contemporaneità sembra cercare nuove forme di definizione del patrimonio e dei suoi confini che è più che mai urgente analizzare.
Sempre più numerosi sono gli studi che indagano il patrimonio come dispositivo d’ordine e legge su cui si fonda il riconoscimento (e l’esclusione) culturale (Kalay-Kvan-Affleck, 2007; R. Harrison, 2012; D. Byrne, 2014; S. Verde, 2017), così come le analisi attente ai processi di attribuzione dei valori patrimoniali, alle azioni sociali e alle politiche culturali che definiscono e perfino “inventano” un patrimonio (A. Iuso, 2022).
Gli Heritage Studies sono oggi un campo di studi interdisciplinare, che coinvolge antropologi ed etnologi, storici dell’arte e della cultura, studiosi di economia e del diritto, ma anche le digital humanities e gli studi postcoloniali.
Il XXXVIII ciclo del Dottorato in Visual and Media Studies si propone di indagare l’ampio spettro di problemi sollecitato dagli studi sul patrimonio in un’ottica storica e teorica, attraverso incontri con studiosi e responsabili di archivi, istituzioni culturali e museali che hanno cercato le forme più efficaci per interrogare e rendere visibile il nostro patrimonio culturale.
Tema attività formativa 2021/2022 - Visual, media e nuove forme tecnologiche
Gli attuali processi di digitalizzazione e il diffondersi di nuove tecnologie producono un continuum visuale pervasivo in grado di agire da strutturante cognitivo e da mediatore di relazioni sociali. In questo complesso contesto è lo sguardo globale a essere messo in scena assieme a inedite modalità di rappresentazione, grazie alla spinta di tecniche per la produzione, l'archiviazione, l'elaborazione e la trasmissione di immagini. La dimensione tecno-mediale delle immagini impone, quindi, una riflessione sia riguardo al supporto, sia riguardo ai dispositivi secondo una prospettiva che ne mostri genealogicamente e archeologicamente l'evoluzione.
Questo comporta una modifica del sensorium e determina un nuovo orizzonte tecno-estetico (Simondon;Montani) che impone una diversa modalità fruitiva delle immagini. A essere coinvolto è, in sostanza, il soggetto contemporaneo sia in quanto creatore che ricettore di immagini.
Distinzione, peraltro, che tende a farsi sempre più evanescente attraverso i processi di manipolazione e rimediazione a cui le immagini stesse sono sottoposte, ad esempio nelle pratiche del reenactment, del restaging, del foundfoutage.
Qual è dunque l'impatto delle nuove forme tecnologiche sull'attività creatrice? Quali nuovi generi e ibridazioni si producono? Come dar conto della fluidità tra i differenti media nella creazione artistica, sia essa legata alle arti visuali, al cinema, alla letteratura? E quali sono le nuove forme di fruizione degli ambienti digitali? Infine, qual è l'impatto dell'Intelligente Artificiale sulle pratiche di produzione di immagini? Il processo generativo di un sistema di intelligenza artificiale può essere definito "estetico" e "creativo", come alcuni fenomeni di arte contemporanea sembrano mostrare?
Nel corso dell'anno verrà indagato l'impatto delle tecnologie sulla dimensione visuale, mediale e letteraria cercando di individuare le principali linee di fuga dello scenario tecno-globale in cui siamo immersi, attraverso la presenza di autorevoli voci del panorama nazionale e internazionale che ci aiuteranno a orientarci nel visuale contemporaneo.
Calendario didattico a.a. 2021/2022
Tema attività formativa 2020/2021 - Transmedialità e crossmedialità: nuove prospettive
La riflessione dedicata ai rapporti tra le arti e ai corrispondenti codici espressivi ha rivestito un ruolo centrale nella storia del canone occidentale ben prima che l’estetica si costituisse in quanto disciplina autonoma. Dall’antichità classica ai fecondi esperimenti di poetica comparata del Romanticismo tedesco questo filone di studio ha attraversato le varie epoche, riproponendo in chiavi sempre nuove l’antico dilemma riguardo la specificità delle Muse e dei loro linguaggi.
Rivolgendo uno sguardo retrospettivo al XX secolo appare ciò non di meno evidente come a fianco di questioni di lunga durata – quali ad esempio la relazione tra modalità narrative (telling) e mostrative (showing) – si siano via via aggiunte nuove problematiche inerenti alla materialità dei singoli media e alle loro specifiche potenzialità, oltre che all’affermazione di nuove tipologie di fruizione, non ultima l’inedita interazione col fruitore resa possibile dalle tecnologie digitali.
Il XXXVI ciclo del Dottorato di Media e Visual Studies si propone di indagare questo ampio orizzonte di tematiche in una duplice ottica storica e teorica, offrendo ai propri studenti una panoramica complessiva sui processi multi-, trans- e cross-mediali.
In accordo con tale obiettivo il progetto didattico si focalizzerà su vari argomenti riconducibili alla problematica di cui sopra, fra i quali:
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definizione delle analogie e delle differenze tra la multimedialità e le sue più recenti evoluzioni nell’era moderna e postmoderna (trans- e cross-medialità);
-
politiche dell’adattamento e teorie della riscrittura;
-
archeologia dei media;
-
reinvenzioni dei media;
-
ibridazioni tra linguaggi artistici nelle varie epoche e in diversi contesti geografici;
-
teorie e pratiche dell’intertestualità;
-
rimediazioni visive;
-
rifigurazioni, dispositivi e nuove interfacce.
Calendario attività 2020-2021