Istituito nel 2004 il Giorno del Ricordo celebra due eventi: gli eccidi delle foibe e l’esodo delle popolazioni di origine giuliano-dalmata. In epoca recente si è fatta luce su quanto accaduto in Slovenia, Istria e Dalmazia verso la fine del secondo conflitto mondiale quando le tensioni generate dall’occupazione nazifascista prima e successivamente dalla presa del potere in Jugoslavia da parte dei partigiani guidati dal maresciallo Tito, portò a una serie di uccisioni e vendette incrociate.
Il dottor Enrico Palumbo, ricercatore di Storia contemporanea nel nostro Ateneo, ha sottolineato, in un’intervista realizzata dalla Redazione, come “il confronto su questo tema si pone su due
interpretazioni opposte: da un lato c’è chi ritiene che i massacri delle foibe
siano l’inizio di un tentativo di genocidio della popolazione italiana di
quelle regioni e dall’altro lato c’è chi invece ritiene che siano il frutto di
una lunga stagione, cominciata alla fine dell’Ottocento, di violenze dettate
dall’insorgere dei nazionalismi.”
Aldilà delle controversie e delle divisioni, anche aspre, negli ultimi anni siamo stati testimoni di importanti gesti di
riconciliazione: nel luglio 2020 il Presidente della Repubblica italiana Mattarella e il Presidente della Repubblica di Slovenia Pahor si sono
stretti la mano davanti alla foiba di
Basovizza. “Quest’anno”, prosegue Palumbo, “le città di Gorizia e Nova
Gorica sono le capitali europee della cultura: due città divise prima dalla
Seconda guerra mondiale e poi dalla guerra fredda, diventano oggi il simbolo dell’unità fra i popoli.”