La pandemia ha portato alla ribalta, in modo prepotente e inedito, l'idea di confine, termine che – in tempi non sospetti - IULM aveva già scelto a dicembre dell’anno scorso come parola dell’anno 2020.
In un editoriale su Il Giorno Massimo De Giuseppe - Professore di Storia Contemporanea e delegato del Rettore all’Inclusione e alla disabilità - riflette in modo attento e profondo su questo termine e sul contesto attuale.
“Mentre gli Stati cercano di chiudere le frontiere esterne, nella
speranza (fragile) di porre un freno ai contagi, si assiste a un improvviso
proliferare dei confini interni. Tra regioni e comuni, con l'instaurazione di zone
rosse e meccanismi di lockdown. Perfino nei supermercati, strisce rosse di plastica
rendono inaccessibili scaffali o corsie. […] L'introduzione del "distanziamento
sociale" ha ridefinito la mobilità, inciso sui sistemi relazionali,
modificato i rapporti familiari, generando una proliferazione di confini invisibili
che intersecano le tradizionali strutture delle società contemporanee.”
Una drammatica contingenza che però ci offre anche l'opportunità di ripensare la nostra società e di comprendere meglio quei confini invisibili che quotidianamente attraversa chi porta disabilità, fisiche, intellettive, emozionali: “
Cogliamo l’occasione allora – continua il Prof. De Giuseppe – di cercare nuove
forme di inclusione. Che questa immersione in una realtà non più virtuale, ci
aiuti a capire il disagio e ci spinga a uno sforzo progettuale per la nostra
casa comune, sempre più "glocal" e, mi auguro, più solidale.”