Se i confini fisici aprono gli occhi su quelli invisibili

Cultura - 26 novembre 2020

La pandemia ha messo in luce nuovi significati del termine confine. Il Professore Massimo De Giuseppe, in un editoriale su Il Giorno, riflette sull'opportunità di poter comprendere meglio quei confini invisibili che quotidianamente affrontano le persone con disabilità.  

La pandemia ha portato alla ribalta, in modo prepotente e inedito, l'idea di confine, termine che – in tempi non sospetti - IULM aveva già scelto a dicembre dell’anno scorso come parola dell’anno 2020.

In un editoriale su Il Giorno Massimo De Giuseppe - Professore di Storia Contemporanea e delegato del Rettore all’Inclusione e alla disabilità - riflette in modo attento e profondo su questo termine e sul contesto attuale. 

Mentre gli Stati cercano di chiudere le frontiere esterne, nella speranza (fragile) di porre un freno ai contagi, si assiste a un improvviso proliferare dei confini interni. Tra regioni e comuni, con l'instaurazione di zone rosse e meccanismi di lockdown. Perfino nei supermercati, strisce rosse di plastica rendono inaccessibili scaffali o corsie. […] L'introduzione del "distanziamento sociale" ha ridefinito la mobilità, inciso sui sistemi relazionali, modificato i rapporti familiari, generando una proliferazione di confini invisibili che intersecano le tradizionali strutture delle società contemporanee.

Una drammatica contingenza che però ci offre anche l'opportunità di ripensare la nostra società e di comprendere meglio quei confini invisibili che quotidianamente attraversa chi porta disabilità, fisiche, intellettive, emozionali: “ Cogliamo l’occasione allora – continua il Prof. De Giuseppe – di cercare nuove forme di inclusione. Che questa immersione in una realtà non più virtuale, ci aiuti a capire il disagio e ci spinga a uno sforzo progettuale per la nostra casa comune, sempre più "glocal" e, mi auguro, più solidale.