Una lucida lungimiranza

Cultura - 31 marzo 2022

A cent'anni dalla nascita di Pasolini abbiamo chiesto al Professor Vittorini un ricordo del grande intellettuale


La figura e l’opera di Pier Paolo Pasolini (5 marzo 1922-1 novembre 1975) sono talmente ricche, complesse e stratificate che ogni tentativo di ridurre il suo pensiero e la sua produzione in poche battute sembra quasi un affronto. Intellettuale nel senso pieno e alto del termine, Pasolini è stato poeta, romanziere, saggista, polemista, linguista, teorico di cinema, regista, autore televisivo, fustigatore della società e della politica italiana. Pensatore eterodosso, inassimilabile alla norma – osteggiato e criticato all'epoca dalla destra reazionaria, dalla sinistra monolitica e dogmatica, dalla Chiesa e dai movimenti politici a essa vicini, dalla morale borghese e benpensante –, la sua è stata una delle menti più lucide e lungimiranti dell’Italia del XX secolo. Colpisce leggere oggi molti dei suoi articoli, dei suoi saggi, delle sue analisi di costume: è impressionante scoprire con quanta perspicacia Pasolini abbia saputo intuire lo sfacelo morale, culturale, politico verso cui si avviava un’Italia che ancora viveva gli effetti benefici e illusori del boom economico. La sua critica al consumismo che idolatrava le merci elevandole a feticcio marxiano, la dura interpretazione dei moti del Sessantotto, che egli giudicava una forma di ribellismo dei figli viziati della borghesia, la sua attenzione al sottoproletariato e agli ultimi che il progresso si lasciava alle spalle come scorie fastidiose e per questo sacrificabili, il suo tentativo di far convivere il marxismo con il cristianesimo: sono solo alcuni dei tratti che lo rendono una figura unica nel panorama culturale del nostro Paese, figura con la quale mai potremo smettere di fare i conti.

Al Professor Fabio Vittorini, docente di Letterature comparate nel nostro Ateneo, abbiamo chiesto una testimonianza video nella quale mettere in luce la grande attualità e la modernità del pensiero pasoliniano. "Una buona chiave di lettura dell'opera di Pasolini" - sono le parole di Vittorini - "è quella che la vede come una dialettica mai finita tra due grandi pulsioni, sia emotive che intellettuali: da un lato la nostalgia e dall'altro la profezia". Nostalgia per un'Italia rurale e contadina che si reggeva però su valori puri e profezia di un mondo in cui la merce avrebbe privato l'uomo dell'anima .