Umberto Eco e i media

Cultura - 25 ottobre 2021

In concomitanza con l'uscita del suo volume su Umberto Eco, la redazione web ha posto alcune domande al Prof. Vanni Codeluppi

"I saggi teorici più rilevanti di Umberto Eco hanno avuto la capacità di produrre un notevole impatto culturale sia in Italia che all'estero. E questi saggi sono in gran parte occupati dal tentativo di comprendere i meccanismi di funzionamento della comunicazione." Queste parole, tratte dall'Introduzione del volume Umberto Eco e i media (Franco Angeli) di cui è autore il Prof. Vanni Codeluppi, docente di Sociologia dei media presso il nostro Ateneo, dicono della centralità del tema della comunicazione nel pensiero del semiologo italiano, la cui influenza si è estesa ben oltre i confini del nostro Paese.

La Redazione Web ha interrogato il Prof. Codeluppi in merito all'attualità dell'analisi compiuta da Eco e alla sua importanza, particolarmente sentita in un'Università come la IULM attenta al tema della comunicazione si da tempi in cui la sua diffusione nel mondo accademico italiano era ancora una sorta di miraggio.

La capacità di visione e di lungimiranza di Eco appaiono ancora più forti oggi, a pochi anni dalla sua scomparsa. Quale trova sia il lascito del suo pensiero così policentrico e articolato?
Nel volume "Umberto Eco e i media" non mi sono occupato di tutto il pensiero di Eco, ma solamente delle idee di questo grande intellettuale relative alla comunicazione e ai media. Tuttavia, ritengo che tali idee siano particolarmente importanti all’interno della sua riflessione. Soprattutto, però, esse devono essere considerate particolarmente attuali e utili per noi, in quanto ci consentono d’interpretare al meglio l’odierno mondo mediatico. Eco ha intuito con grande anticipo che il destinatario di un messaggio ha un ruolo centrale nel processo di comunicazione poiché può attribuire al messaggio molti possibili significati. Non è totalmente libero perché deve comunque fare i conti con la struttura del testo che ha di fronte, ma ha una notevole autonomia nel processo di comprensione di tale testo. Insomma, molto prima dell’arrivo dell’interattività del mondo digitale, Eco aveva ben compreso che le persone collaborano attivamente al senso di un messaggio.

Una parte consistente del suo volume è dedicata all’analisi del concetto di “cultura di massa” che, sin dall’articolo pubblicato in due parti sul settimanale del Partito comunista italiano "Rinascita" nel 1963, fece molto discutere, soprattutto in una sinistra che sembrava incapace di comprendere quanto dirompente fosse la portata di quel fenomeno. A quasi 60 anni di distanza da quel saggio, quanto ancora è importante quel concetto?
Effettivamente, Eco è stato negli anni Sessanta uno dei primissimi autori ad occuparsi del concetto di cultura di massa e ha espresso all’epoca delle idee che sono ancora molto efficaci. Si pensi che in "Apocalittici e integrati" ha sostenuto che «tra il consumatore di poesia di Pound e il consumatore di un romanzo giallo, in linea di diritto, non esiste alcuna differenza di classe sociale o di livello intellettuale. Ciascuno di noi può essere l’uno e l’altro in diversi momenti della propria giornata». Anticipava cioè quel concetto di «consumatore onnivoro» che è stato formulato soltanto numerosi anni dopo e che corrisponde ai comportamenti di consumo presenti nelle attuali società ipermoderne. Si tratta di un soggetto che è alla costante ricerca di forme culturali di varia natura e consuma prodotti di livello sia alto che basso. Oggi, anche in conseguenza dell’arrivo del Web, siamo diventati tutti un po' così.

Il linguaggio dei media nella contemporaneità fa sempre più affidamento sul “visivo”. Umberto Eco era molto interessato a questa forma di linguaggio. Può illustrarci il suo pensiero in merito?
Più che altro Eco ha cercato di spiegare la natura misteriosa che le immagini esprimono per noi. Ha cercato cioè di fornire dei concetti utili per la comprensione di testi visivi i cui significati spesso ci sfuggono. A suo avviso, le immagini possono dare vita a degli “stimoli surrogati”, che sono in grado di determinare negli individui degli effetti corrispondenti a quelli prodotti dalla realtà fisica, in quanto attivano nel corpo umano dei recettori che sono gli stessi che scatterebbero in presenza dello stimolo reale. Già nel 1968, all’interno del volume "La struttura assente", analizzando un’immagine pubblicitaria che mostrava un invitante bicchiere di birra spumeggiante, ha sostenuto che i testi iconici non possiedono le proprietà dell’oggetto rappresentato, ma riescono a riprodurre alcune condizioni della percezione comune. Per questo, secondo Eco, le immagini sono in grado di mentire così bene, riescono cioè ad ingannare efficacemente il nostro cervello.

In una Università come la nostra in cui la comunicazione non è solo centrale ma, in un certo senso, la definisce, quanto è importante continuare a solcare le strade aperte da Eco?
Credo che sia importante ricordare che è grazie principalmente a una proposta proveniente da Eco se alcuni decenni fa sono nati i primi corsi di laurea in Scienze della comunicazione, che poi si si sono fortemente diffusi nelle università italiane. Eco ha promosso l’innovativo DAMS a Bologna e poi il progetto ministeriale per l’insegnamento della comunicazione nelle università. E l’Università IULM ha aderito sin da subito a questo progetto, in quanto all'inizio degli anni Novanta ha lanciato il primo corso di laurea in Italia sulle relazioni pubbliche e la comunicazione d’impresa. D’altronde, Umberto Eco è sempre stato convinto che i docenti e gli intellettuali abbiano il dovere di dare un contributo al processo di alfabetizzazione ed emancipazione degli individui rispetto ai messaggi dei media. Debbano cioè svolgere un’attività di educazione di tutte le persone nei confronti dei media. Anche rispetto al Web e ai social media, che possono creare, come ha provocatoriamente sostenuto nel 2015, delle masse di “imbecilli”, ma possono allo stesso tempo anche essere utili alla crescita culturale delle persone se vengono impiegati per aumentare le conoscenze e le capacità di ragionamento.