Monica Bellucci in IULM

Cinema - Data pubblicazione 29 novembre 2023 - Data evento

L’attrice ha presentato il film che documenta lo spettacolo teatrale su Maria Callas di cui è protagonista

Se c’è una donna capace di incarnare l’eleganza e la fierezza, la determinazione e la fragilità, la dedizione e la volubilità, questa è Maria Callas: cantante lirica, attrice, ma soprattutto “icona.

Un’icona è indubbiamente Monica Bellucci che, partendo dalla carriera di modella, è approdata al cinema costruendosi una credibilità avvalorata anche dalla scelta di ruoli “difficili” in film di registi controversi (si pensi a Irréversible di Gaspar Noé, La passione di Cristo di Mel Gibson, Un été brûlant di Philippe Garrel o On the Milky Road - Sulla Via Lattea di Emir Kusturica).

Proprio Monica Bellucci, mercoledì 15 novembre, è stata ospite in IULM per presentare il docufilm Maria Callas: lettere e memorie, diretto da Tom Volf e Yannis Dimolitsas, che racconta il tour internazionale dello spettacolo teatrale dallo stesso titolo da lei interpretato. È stata l’occasione per scoprire il filo rosso che lega queste due grandi donne: tra vita e arte, memoria e presente, volontà e passione.

Nel corso dell'incontro, l'attrice ha dialogato con il Rettore Prof. Gianni Canova.

Monica, a me colpisce sempre molto Malèna: nel film c'è veramente una riflessione profonda sul ruolo del divismo. 

"C'è una grande differenza tra quella che sei e l'immagine che si crea. L'immagine la fa il pubblico, mentre tu vai avanti per la tua strada. A volte però l'immagine ti sovrasta. Io venivo dalla moda, e quando ho cominciato a fare cinema avevo un'immagine più forte di me, ed è stato un handicap all'inizio. Ho dovuto lavorare molto per essere creduta. Oggi questo fenomeno è meno forte, perché attraverso i social ci sono tanti nuovi modi di farsi un'immagine."

Hai interpretato ruoli anche molto coraggiosi: penso a Sulla Via Lattea di Kusturica, nel quale reciti in serbo, salti dalle rupi, fai il bagno d'inverno... mettendo in gioco il tuo stesso corpo.

"Il corpo per noi attori è un oggetto di lavoro, ed è per questo che siamo molto fragili, delicati. Per questo, in qualche modo, siamo senza pelle. E questo a teatro si vede ancora di più perché siamo esposti: nello spettacolo teatrale c'è l'immediatezza tra te e il pubblico, un contatto così diretto da farti sentire senza protezione. Il pubblico vede chi sei, quando sei sul palco. Questo processo mi è piaciuto molto: è un rapporto molto forte, ma non sei protetta. Al cinema puoi sbagliare, a teatro no."

Il film Maria Callas: lettere e memorie nasce da una tournée teatrale. Lo spettacolo è poi diventato un film: ma che cosa cambia dal palcoscenico al cinema?

"Il cinema ha un tipo di magia diverso dal teatro. A teatro lo spettacolo è vivo, ma spero che attraverso il film si possano comunque leggere le emozioni passate attraverso la tournée teatrale. Quando mi è stato proposto questo progetto non ero in tenera età, ed è stata per me la prima volta sul palco di un teatro: ero molto spaventata ma ho accettato, perché quando ho letto le lettere e le memorie di Maria Callas ci ho trovato una sensibilità così speciale che non sono riuscita a resistere. Davanti a me non avevo solo la grande dea dell'opera, ma una donna con mille paure, vulnerabilità, che mi parlava. La gente non andava solo ad ascoltare Callas, ma andava a vederla: perché è stata una donna coraggiosa, ha lottato per la sua indipendenza, e quindi è bello che i giovani d'oggi vengano a contatto con una figura femminile così forte."

La stessa cantante, a un certo punto nel film, rimprovera il suo primo marito di essersi innamorata della Callas, ma non di Maria.

"Il pericolo dell'immagine che dicevo prima, lo diceva anche Marilyn Monroe. Ne parlo spesso con le mie figlie: facendo un lavoro come questo è molto importante restare a contatto con le cose reali: la famiglia, l'amore, gli amici."

Pasolini scelse Maria Callas per Medea perché, disse, nella sua voce lei non simulava qualcosa di arcaico: lei era qualcosa di arcaico.

"Questa donna è morta di tristezza, d'amore: e per morire d'amore bisogna avere un cuore sincero. Era una donna che viveva di sentimenti forti. Ha sacrificato tutta la sua giovinezza per il lavoro e poi, quando ha incontrato Onassis, ha sacrificato tutto ciò che aveva raggiunto per amore."

Nel film si vede Maria Callas spesso davanti agli specchi. Che rapporto ha lei con gli specchi?

"Prima dei figli ti guardi di più. Dopo i figli con le tante cose da fare quasi te lo dimentichi. E penso, oggi, che questa distanza sia anche molto sana."

Fra le tante arie e interpretazioni di Maria Callas, ce n'è una che le è particolarmente cara?

"Mi piace molto la Carmen di Amburgo, nella quale sentivi non solo l'interprete ma anche la donna. Era nel pieno del suo periodo d'amore con Onassis. Prima di andare in scena ascoltavo sempre quest'aria per prepararmi, perché la sua foga mi dava forza."

Lei ha lavorato davvero in produzioni da tutto il mondo. Ci racconti un ricordo di Spectre.

"Mi chiama il mio agente e mi domanda: vuoi ridere? Ti hanno chiamata per James Bond. Io avevo cinquant'anni, e gli ho chiesto: mi hanno chiamata per fare M? Poi in realtà è andata benissimo con Sam Mendes."

Un grande teorico del teatro e del cinema sosteneva che nella vita ognuno di noi recita, mentre sul palcoscenico e sul set non puoi che essere te stesso. Lei è d'accordo?

"Ogni attore ha il suo processo di preparazione a un personaggio. La parte più interessante, per me, oltre a quella tecnica, è la preparazione inconscia: non sai cosa farai due secondi prima del ciak. Sei connesso a qualcosa che non si sa: forse la tua anima?".

Quali erano le attrici che la facevano sognare, da ragazza?

"Tutte le nostre: Anna Magnani, Sophia Loren, Giulietta Masina, Alida Valli... abbiamo portato in giro per il mondo il cinema italiano, che ha fatto scuola a tutti, con delle femminilità così diverse. Ma tutte così forti, ognuna a modo proprio. Se oggi faccio cinema è grazie a loro."

Cosa accomuna lei alla Callas?

"Lei era nata a New York ma comunque ha poi vissuto in Grecia, tanti anni in Italia qui a Milano - poi a Parigi. Era un po' una straniera ovunque andasse, e io questa cosa la capisco."

Un'ultima domanda, una curiosità che chiedo sempre agli attori o alle attrici nostri ospiti: per lei è più difficile - sul set - piangere, baciare o morire?

"Baciare non è complicato. Morire neanche. Piangere: mi piace quando viene fuori da una cosa vera, perché si sente se è vero o no. Il pianto è qualcosa che viene da dentro, dal profondo. Un po' come faceva Visconti: quando girava e c'era un mobile, ordinava di riempirlo, anche se non si sarebbe visto cosa c'era dentro. Perché si doveva sentire. Ecco, per me il pianto è la stessa cosa."