L’emergenza sanitaria in corso ha costretto molte aziende a ripensare, non solo nel breve ma anche nel medio e lungo periodo, la propria attività di comunicazione che deve essere riletta e reinterpretata non solo in ottemperanza ai nuovi vincoli normativi relativi alla sicurezza ma anche rispetto alla percezione e al sentiment delle persone. I consumatori sono certamente spossati dalla pandemia. Ciò che adesso hanno bisogno di sentire dai brand non sono campagne su prodotti e servizi ma – piuttosto - messaggi di conforto e supporto.
Non più la maniacale attenzione al prezzo e alla scontistica, oggi il brand deve puntare a instaurare una nuova relazione con il consumatore. Lo svela un articolo sul Sole 24 ore che evidenzia come – nel giro degli ultimi mesi – sono diventati altri gli elementi distintivi dei marchi più importanti e famosi: valori, visioni, azioni rivolte alla comunità. Una vera e propria rivincita della comunicazione corporate su quella meramente di prodotto.
Intervistata da Giampaolo Colletti e Fabio Grattagliano, Stefania Romenti - professoressa IULM di comunicazione strategica e relazioni pubbliche – ha affermato che “adottare un approccio di comunicazione corporate significa comunicare l'impresa come un'entità unitaria, valorizzandone la personalità unica e l'identità distintiva, curando la coerenza delle narrative che ruotano attorno all'organizzazione, che passano attraverso diversi canali e che toccano molteplici pubblici. Si moltiplicano gli investimenti nella comunicazione corporate anche in settori dove in passato ciò non avveniva, come quello manifatturiero”. Compito dei creativi quindi quello di trasformare i vari brand in “fonti di ispirazione” e “bussole per orientarci”, per ritrovare ciò che abbiamo perso.
Il Centro di Ricerca IULM Cecoms, in collaborazione con l'Università Rey Juan Carlos di Madrid e la Leeds Beckett University in Inghilterra, ha condotto a marzo 2020 un’interessante ricerca su un campione di quasi cinquecento millennial. Cosa è emerso? Ben il 51% degli intervistati ha affermato che le campagne corporate percepite come le più efficaci sono quelle in cui “l'impresa ribadisce il proprio ruolo di attore e mai di spettatore della realtà”. Insomma, basta ai luoghi comuni, i consumatori cercano l’autenticità. «Questi dati – prosegue la prof.ssa Romenti nell’intervista - confermati dalle numerose critiche ricevute da alcune campagne di celebri marchi, ci dicono che la comunicazione corporate che si afferma in questo periodo storico è fattuale, collegata ai risultati e alle evidenze facilmente verificabili dai cittadini. Le imprese devono condividere messaggi di concretezza e di profonda autentica sintonia con la realtà».
In questi mesi e nei prossimi a venire, un grande tema è diventato e diventerà sempre più centrale: i consumi vanno inquadrati in una sostenibilità ambientale. Anche nel pieno dell’emergenza, moltissime aziende hanno infatti portato avanti la loro lotta al cambiamento climatico esortando i governi a non trascurare l’ambiente. Le crisi che il mondo sta vivendo sono in fondo estremamente interconnesse. È quanto emerge dalla ricerca European Communication Monitor 2020, che ha intervistato oltre duemila comunicatori in 44 Paesi europei grazie alla partnership tra Euprera e CECOMS di Iulm. La gestione comunicativa dello sviluppo sostenibile e della responsabilità sociale delle imprese è risultata essere una delle sfide strategiche più grandi per le imprese (37,5%). «La comunicazione corporate valorizza gli sforzi nella sostenibilità. Essere sostenibili significa integrare le preoccupazioni sociali e ambientali in tutte le fasi del processo, senza trascurare alcuna parte della filiera produttiva e alcun soggetto coinvolto. Ma bisogna orchestrare in modo coerente messaggi, canali e narrative, evitando spiacevoli cacofonie», conclude la prof.ssa Romenti. Il segreto è quindi quello di trovare il giusto tono di voce attraverso il quale parlare al consumatore per stabilire con esso una relazione duratura e basata su valori condivisi.
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