Come l’incertezza della pandemia influisce sulle scelte economiche (e non solo) personali? In un intervento alla trasmissione radiofonica Tutta la città ne parla su Rai Radio 3, Paolo Moderato, professore IULM di Psicologia della comunicazione, ha spiegato come le teorie dell’economia comportamentale ci possano aiutare per indirizzare meglio le nostre scelte, in un momento di totale incertezza come quello che stiamo vivendo in questi mesi.
L’Economia Comportamentale è una particolare branca dell’economia nata da numerosi studi effettuati nella seconda metà del XX secolo. “Alla base di questa scienza – spiega il prof. Moderato - vi è l’unione di elementi economici ad aspetti di
psicologia cognitiva, così da permettere un’analisi più approfondita dei
processi di scelta degli agenti nel sistema.” La psicologia cognitiva si occupa, infatti, di analizzare i meccanismi secondo cui gli individui incamerano e filtrano le informazioni. “In particolare – continua il professore - si è notato come gli individui non siano sempre in grado di prendere la scelta
ottimale, come la teoria economica standard afferma, ma piuttosto vadano spesso
incontro ad errori decisionali.” É indubbio perciò che l’uomo non sia un agente perfettamente massimizzante e che i suoi comportamenti siano mossi anche da componenti irrazionali ed emotivi. Gli esseri umani sbagliano, e i loro errori sono tanto continui quanto frequenti da poter essere studiati ed incorporati in modelli economici alternativi.
Ma l’incertezza di oggi aumenta il tasso di irrazionalità rendendo più difficile fare scelte oculate oppure nell’emergenza riusciamo a fare appello a risorse più razionali? Il prof. moderato spiega che le teorie dell’economia comportamentale nascono proprio grazie agli studi realizzati in situazioni di emergenza/incertezza e cita, a questo proposito, la teoria dei due sistemi del premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman.“Secondo Kahneman esistono
due sistemi che governano il nostro agire. Il sistema 1 (pensiero veloce) opera
in fretta e automaticamente, con poco sforzo e senso di controllo volontario. È, insomma, il sistema che ci permette di operare scelte utili alla nostra
sopravvivenza. Il sistema 2 (pensiero lento) è invece quello che occorrerebbe
utilizzare in alcune situazioni particolarmente incerte per poter fare scelte che
richiedono maggiore sforzo e attenzione.”
Insomma, a seconda del contesto in cui ci troviamo possiamo mettere in atto strategie molto efficaci e valide che in altri contesti non funzionerebbero. Le nostre scelte quindi sono irrimediabilmente condizionate da come viene rappresentato il contesto. “E questo – spiega il professore – ci riporta al
tema delle fake news: il modo in cui ci vengono presentate le notizie dai mass
media influenza in modo drammatico le nostre scelte.” Telegiornali, social media e radio continueranno a svolgere un ruolo fondamentale nel modo in cui costruiremo la percezione del rischio in questa nostra vita dopo il Covid-19. Capita spesso che i media abbiano la tendenza a riportare le notizie da una prospettiva pessimistica. Ma non è detto che questa sia la giusta strategia per prepararci al meglio ai futuri rischi. Gli sforzi della ricerca dovrebbero adesso concentrarsi per capire quale sia la migliore strategia che l’informazione deve utilizzare nel veicolare i rischi della malattia. Per concludere, come spiega il professore, quello in cui vivremo dopo il coronavirus sarà un mondo fatto di incertezze, con le quali dovremo imparare a convivere. Sebbene abbiamo evidenti tendenze a commettere errori di calcolo in situazioni di incertezza, abbiamo comunque la possibilità di apprendere gli strumenti necessari per misurare i rischi, arginando così i nostri bias cognitivi: la statistica, le probabilità, il pensiero critico, e, più in generale, il metodo scientifico. L’educazione a questi strumenti insomma, potrebbe davvero fornire alle persone un metodo che le renderebbe in grado di comprendere efficacemente il rischio e di effettuare scelte informate. Molte cose siano cambiate dall’inizio della pandemia ma forse quello che non cambierà mai è proprio il bisogno di una strategia istituzionale di comunicazione e di educazione al rischio, a livello integrato e basata sulle evidenze scientifiche.