MASBEDO - Time Without End

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. Il Rettore Prof. Gianni Canova insieme al duo artistico MASBEDO

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MASBEDO: Time Without End, 2021

Progetto espositivo a cura degli studenti al secondo anno del Corso di Laurea Magistrale in Arte, valorizzazione e mercato, Facoltà di Arti e turismo, Università IULM.

Time Without End è l’opera site-specific concepita dai MASBEDO (Nicolò Massazza e Iacopo Bedogni) nell’ambito di Word of the Year: il progetto intorno al quale, ogni anno, ruotano le diverse iniziative dell’Università IULM, nel 2021, dedicato alla parola “Attesa”.

La condizione di attesa è stata vissuta in tutta la sua prepotenza durante il drammatico periodo di chiusure e restrizioni dovuto alla pandemia, consolidando la più attuale tendenza a pretendere tutto e subito. L’attesa dilata il tempo, lo sospende, e insieme, alimenta le speranze per il futuro.

I MASBEDO, interrogatisi su quale fosse oggi l’immagine emblematica di tale sentimento, l’hanno riconosciuta nello stato di chi, in attesa dei mezzi pubblici, inganna il tempo, magari, sprofondando nello schermo del proprio smartphone.

Time Without End è una pensilina dotata di un grande monitor verticale, del tutto simile a quelle poste in corrispondenza delle fermate di autobus e tram. Il suo schermo, anziché abbagliare chi sosta con i consueti messaggi pubblicitari, trasmette un caleidoscopio di immagini controllate da remoto dagli artisti che, di mese in mese, ne modificano montaggio e contenuto, restituendo ogni volta nuova vita all’opera. La video scultura pubblica, collocata non in un museo, in una galleria o in uno spazio delimitato, ma nello spazio aperto del Campus IULM riguarda tutti. Consente a chi guarda di partecipare a un sentimento collettivo d’attesa. Si pone come intervento mimetico e insieme destabilizzante: l’attesa di un autobus che lungo il passaggio pedonale di via Carlo Bo non può che essere vana.

Frammenti di narrazioni estrapolati dal mondo del cinema popolano il display contribuendo allo svolgimento di un esperimento metacinematografico. Assorta nella lettura di Time Without End ‑ da cui deriva il titolo dell’opera ‑ l’immagine di Gene Tierney in Leave Her to Heaven (1945) abita lo schermo di uno smartphone, sovrapposto al primo piano di Toshirō Mifune in Drunken Angel (1948). E così Michelangelo Antonioni incontra Ingmar Bergman; American Beauty (1999) di Sam Mendes dialoga con Terra di nessuno (1939) di Mario Baffico. Immagini capovolte, ricolorate, trasformate, accelerate, distorte, ripetute in loop si sovrappongono su diversi livelli: come sullo schermo di uno smartphone, sul monitor di una cinepresa.

Guy Debord scrive in Mode demploi du détourment (1956):

Ogni elemento, non importa la provenienza, può servire a creare nuove combinazioni. […] Tutto può servire. Non c’è bisogno di dire che si può non soltanto correggere un’opera o integrare frammenti diversi di vecchie opere in una nuova; si può anche alterare il senso di questi frammenti e modificare a piacimento ciò che gli imbecilli si ostinano a definire citazioni.

Cosa significa inserire il cinema d’autore ‑ per tradizione legato alla pellicola analogica e al concetto di proiezione collettiva ‑ in un dispositivo digitale, a formato verticale, di piccole dimensioni, privato come un telefonino, e poi in uno commerciale, pubblico e popolare?

Time Without End invita a riflettere sull’esistenza di una storicità della visione intesa come storicità delle tecnologie ottiche che determinano il nostro rapporto con le immagini e col gesto stesso del guardare.

I MASBEDO, dopo cinque anni di ricerca a cavallo tra cinema e video, approdano all’ideazione di un dispositivo inedito, inteso come una sorta di assemblage di elementi eterogenei, che digitalizza la tradizionale proiezione orizzontale del grande schermo nel formato verticale dei contemporanei smartphone. Sulla scorta di ricerche precedenti come quelle condotte per Videomobile (2018) e Resto (2021), gli artisti sfidano le norme espositive della videoarte dando vita a una video scultura pubblica che evidenzia il rapporto simbiotico tra dispositivo e narrazione visiva; non limitando il loro lavoro all’elaborazione dell’immagine, ma estendendolo anche alla progettazione della sua messinscena.

L'opera, in quanto dispositivo metacinematografico, supera la visione e la costrizione dello spettatore fermo di fronte allo schermo della sala tradizionale. Dal latino dispositio, orienta, controlla e governa i comportamenti, i gesti e i pensieri dello spettatore (G. Agamben, Che cos’è un dispositivo), che in questo caso diventa, invece, uno spett-attore, essendo libero di guardare muovendosi, camminando, aspettando, in un metacinema dell’attesa attiva. Il dispositivo, quindi, gli assegna un’identità, un self, che “inevitabilmente lo incasella”, lo dispone, “ma che gli apre una sfera di azione” (F. Casetti, La questione del dispositivo).

Una libertà di movimento che rimanda a un concetto di democratizzazione dell’arte.

Oltre alla sua collocazione in uno spazio pubblico, infatti, l’opera sorge in un contesto distante dai più consueti centri di produzione artistica della città, con l’ambizione di estendere la sua permanenza e di alfabetizzare un pubblico sempre più ampio ai linguaggi dell’arte contemporanea.

Time Without End: uninsensata sala dattesa a cielo aperto. Unantologia di metacinema. Un dispositivo insicuro. Una cascata di immagini stravolte e irriconoscibili.


MASBEDO

Nicolò Massazza (Milano, 1973) e Iacopo Bedogni (Sarzana, 1970), insieme MASBEDO, collaborano dal 1999.

Nella loro ricerca, coniugano il linguaggio del video con le arti visive, le pratiche performative e installative, la coreografia, la letteratura e la musica entro un personale vocabolario artistico, producendo opere intime e lavori di respiro antropologico, politico e sociale. Negli ultimi cinque anni la loro indagine si è orientata verso lo sviluppo di un dialogo stringente con il mondo del cinema, con l’intento di indagare l’umanesimo tecnologico e di parlare di ciò che riguarda gli aspetti più reconditi dell’umanità.

I MASBEDO hanno esposto nelle maggiori istituzioni culturali italiane e internazionali. Hanno preso parte alla Biennale di Venezia nel 2009, ad Art Basel nel 2011 e a Manifesta 12 nel 2018. Le loro opere fanno parte di importanti collezioni pubbliche e private. Tra queste: Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea, Torino; MACRO, Roma; DA2 Domus Artium 2002, Salamanca; Centro Atlantico de Arte Moderno CAAM, Las Palmas; CAIRN Centre d’art, Digne-les-Bains; Tel Aviv Museum of Art.