Social media, integrazione e conflitto: il caso delle comunità diasporiche del Mediterraneo

Responsabile: Andrea Miconi

Anno 2018

Lo scopo della ricerca è analizzare il modo in cui l’uso dei social possa rinforzare, o viceversa rendere più permeabili le comunità nel contesto del sistema mediterraneo. Per questo, si farà riferimento a tre gruppi di analisi, selezionati sempre con i parametri e i metodi dell’indagine qualitativa: comunità territoriali; comunità diasporiche; comunità mobili.

            Per comunità territoriali intendiamo i gruppi di persone che condividono non solo uno spazio di socializzazione in rete, ma anche una prossimità fisica nel luogo di origine. Come comunità diasporiche consideriamo invece, in linea con la letteratura degli ultimi decenni, quei gruppi che si sono ricostituiti, per effetto dei processi migratori, in contesti diversi da quelli di origine. Infine definiamo comunità mobili le aggregazioni di persone che si trovano temporaneamente in un luogo diverso da quello di origine, ad esempio per ragioni di studio o di lavoro. Si tratta di tre configurazioni molto diverse, che tagliano la distinzione ormai classica tra spazio dei flussi e spazio dei luoghi, e che compongono il paesaggio sociale del sistema mediterraneo.

             

In particolare, le domande di ricerca saranno:

  • nel caso delle comunità territoriali (ad esempio: tunisini residenti in Tunisia, palestinesi nella West Bank), quanto la rete delle relazioni on line si sovrapponga allo spazio fisico dell’esperienza, ed entro quali limiti l’uso dei social possa consentire una disgiunzione tra i due piani, allargando il campo immaginario di appartenenza anziché spingere verso la radicalizzazione delle identità di partenza;
  • nel caso delle comunità diasporiche (ad esempio: marocchini immigrati in Italia), quanto i legami in rete rimandino al mondo di provenienza o a quello di residenza, e quanto i social media favoriscano l’integrazione nel paese di arrivo, o, viceversa, il radicamento nelle identità più remote, come nel caso molto discusso dei cosiddetti immigrati di seconda generazione;
  • nel caso delle comunità mobili (ad esempio: ragazzi algerini impegnati in un periodo di studio in Francia, o europei in Libano), quanto i social media servano a mantenere i legami sospesi con le persone del mondo sociale di origine, e quanto ad aprire nuove possibilità di carriera o di esperienza all’estero.