Milano: differenze e convergenze con il 1630 manzoniano



23 marzo 2020

MILANO. La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c'era entrata davvero, com'è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò buona parte d'Italia.

Inizia così il trentunesimo capitolo de I promessi sposi, forse uno dei capitoli più conosciuti e studiati dell'intero romanzo. In queste settimane in molti ne hanno parlato per descrivere le analogie tra il momento che stiamo vivendo e il lontano passato Secentesco. Certo, le epidemie hanno segnato la storia, anche letteraria, del nostro Paese e il capitolo XXXI dei Promessi Sposi è sicuramente rappresentativo per una facile connessione alle emozioni e alle reazioni di governanti e popolazione di fronte alla diffusione dell’epidemia. Anche allora, come oggi al tempo del Coronavirus, l’arrivo del flagello non fu creduto: "Sulle piazze, nelle botteghe, nelle case, chi buttasse là una parola del pericolo, chi motivasse peste, veniva accolto con beffe incredule, con disprezzo iracondo", scrive il Manzoni. Le stesse autorità competenti non avevano, all’inizio, preso posizioni decise. Nel tribunale della sanità "la premura era ben lontana da uguagliare l’urgenza (...) Abbiamo già veduto come, al primo annunzio della peste, andasse freddo nell’operare, anzi nell’informarsi (...) Quella grida per le bullette, risoluta il 30 d’ottobre, non fu stesa che il dì 23 del mese seguente, non fu pubblicata che il 29. La peste era già entrata in Milano".

La peste che colpì soprattutto l'Italia settentrionale nel XVII secolo e l'emergenza sanitaria che oggi ci troviamo ad affrontare non possono però essere comparate così facilmente: è diversa la situazione socio-economica, diverso il contesto storico-culturale, diversa la mobilità, diverse le conoscenze in ambito medico-scientifico. Insomma, stiamo parlando di due mondi lontani, per certi versi contrapposti. Ben vengano quindi le analogie ma esse devono servire anche per analizzare le situazioni e denunciarne le distanze. Ce ne parla Paolo Giovannetti, Professore IULM di Letteratura e Media.