Cibo e alimenti

Fin dai tempi della cultura olmeca (1400-400 a.C) e del pre-classico maya (2000 a.C-100 d.C), il cacao è stato utilizzato per produrre bevande dal valore alimentare e rituale. Le cabosse di cacao venivano aperte e, consumata la dolce polpa, rivelavano le fave. Queste, essiccate naturalmente, tostate e pelate, venivano macinate dalle donne al metate, una pietra per molitura su cui si batte ritmicamente con un braccio di pietra più piccolo impugnato con le due mani. Il metate, insieme al comal (un piatto largo e basso di terracotta) rappresentano una tecnologia alimentare che è sopravvissuta nei millenni.

Il cacao, nella sua rielaborazione alimentare, veniva associato ad altre piante, bacche e spezie: dalla vaniglia all’achiote (un arbusto che produce una polvere rossa), dal pepe nero al peperoncino. Dai ritrovamenti archeologici e dagli studi di archeobotanica si è scoperto che il cacao veniva utilizzato per produrre salse spesse, antesignane del mole, con carne e mais, ma anche e soprattutto per generare bevande, antenate di quella che gli aztechi avrebbero chiamato xocólatl e gli spagnoli chocolate. Questa si versava dall’alto per produrre una schiuma (effetto che gli spagnoli avrebbero poi prodotto con un molinillo di legno).

La grande quantità di reperti archeologici di tazze di ceramica connessi a bevande di cacao ci lascia supporre non solo la diffusione di prodotti a base di cacao e acqua ma anche il loro significato rituale e la loro importanza in diversi riti di passaggio, testimoniata da codici e vasellame. Nell’uso quotidiano le bevande di cacao si consumavano in jícaras, contenitori rotondi oppure ovali ricavati da una zucca. Una tradizione che ancora resiste in svariate aree di Tabasco, Chiapas e Guatemala, al fianco di tazze di barro (terracotta) e bicchieri di vetro o plastica colorata.

Esisteva (ed esiste ancora) una bevanda di cacao fermentato, leggermente alcolica, sotto forma di chicha oppure, tra i maya lacandoni, l’uonyn, frutto della miscela tra cacao e balché (una corteccia fermentata dell’omonimo albero trattata con mais).

A livello storico e sociale la più importante bevanda a base di cacao capace di attraversare i secoli e di collocarsi (e mantenersi) al centro del sistema alimentare maya nasce però da una fusione tra cacao e mais. In Chiapas questa tradizione è alla base del taxcalate (dal nahuatl taxcalatl, agua de tortilla) che mescola cacao, mais e achiote. In Tabasco (e in alcune aree del Chiapas), invece, la bevanda più importante nel mondo indigeno chontal, zoque e chol è indubbiamente il pozol (ancora dal nahuatl pozolli, frizzante).   

Questa bevanda, di cui esistono registri documentali risalenti ai primi anni della conquista spagnola, viene preparata dalle donne con un procedimento di macinatura del mais, trasformato in una masa (che a volte viene poi conservata in un’aromatica foglia di banana), e di preparazione del cacao. Le fave essicate vengono tostate nel comal e pelate. I due ingredienti vengono poi amalgamati lentamente (un tempo a mano, oggi in un piccolo mulino di ferro). Da quel processo scaturisce una sorta di fusione, intesa anche come rigenerazione simbolica. Il pozol viene poi diluito con acqua, nella sua versione originale senza aggiunta di zucchero.

Il pozol è una bevanda presente in tutte le danze rituali, feste patronali, processioni, celebrazioni e, modificato con altre spezie, è usato ancor anche come medicina contro la diarrea. Per il suo valore nutrizionale resta la base della dieta contadina: il campesino porta la palla di pozol al campo e poi la diluisce con acqua.

Il cacao, dal XX secolo prodotto anche in barrette, è consumato tradizionalmente anche con peperoncino (in particolare chile amashito), vaniglia, cannella e achiote.

Nello stato di Oaxaca (ma più in generale nel Messico centro-meridionale) si trovano alcune delle più composite rielaborazioni alimentari che utilizzano il cacao, a cominciare dal mole, una salsa descritta anche da Fray Bernardino de Sahagún come parte del pranzo del tlatoani azteco Moctezuma II. Il mole negro oaxaqueño è una salsa spessa che accompagna carni o pesci, frutto di una lunga ed elaborata lavorazione (che può occupare anche due o tre giorni), composta da numerosi ingredienti, tra cui mais, cacao, vari tipi di peperoncini, spezie e odori cui si sono integrati nel tempo anche alcuni elementi di origine europea.  

J. Henderson, R. Joyce, Brewing Dinstictions: The Development of Cacao Beverages in Formative Mesoamerica, in C. McNeil (ed.), Chocolate in Mesoamerica. A Cultural History of Cacao, University Press of Florida, Gainesville 2009, J. C. Javier Cuero, Bebidas y dulces tradicionales de Tabasco. Cocina indígena y popular, Conaculta, México 2004, J. Flores de Escalante, Nuestro mero mole: Breve Historia De La Comida Mexicana, Debolsillo, México 2013.