Dune: un film impossibile?

Cinema - 06 ottobre 2021

Dal romanzo di Herbert al film di Villeneuve: ascolta il commento di Riccardo Caccia, docente IULM di Storia del cinema e autore del volume "Storia e cultura del cinema. Figure, forme, temi."

L'attesa versione di Dune realizzata dal regista canadese Denis Villeneuve (La donna che canta, Arrival, Blade Runner 2049), la cui uscita è stata più volte rinviata a causa della pandemia, stimola una riflessione sulla genesi di un'opera che percorre la storia del cinema recente come una sorta di "sogno impossibile".

Il romanzo di fantascienza dello scrittore statunitense Frank Herbert uscì nel 1965 e venne subito accolto dagli appassionati come un libro che apriva nuovi scenari nel genere. L'autore infatti, mescolando riflessione filosofica, riferimenti religiosi e messianici, squarci visionari, non si limita a narrare una storia ma ha l'ambizione di "costruire" un mondo, un universo disseminato di pianeti retti da nobili casate che si confrontano e si affrontano per assumere il controllo della "spezia", una sorta di droga che permette di compiere viaggi interplanetari. Segnato da una narrazione che ricorre sovente all'introspezione, al monologo interiore, alla descrizione di sogni e visioni, Dune ha affascinato diverse generazioni di lettori, dando origine a una saga che ad alcuni ha ricordato, per la capacità di farsi in un certo senso "opera-mondo", Il Signore degli Anelli di Tolkien.

Il regista cileno naturalizzato francese Alejandro Jodorowsky, autore di opere surreali e ricche di simbolismi quali El Topo (1970) e La montagna sacra (1973) decise, alla metà degli anni Settanta, di trasporre sullo schermo il romanzo di Herbert. L'impresa coagulò attorno a sé figure di alta caratura: tra gli interpreti vi sarebbero stati Orson Welles, Mick Jagger e Salvador Dalì; la colonna sonora era stata affidata ai Pink Floyd; le scenografie e i costumi sarebbero stati realizzati, tra gli altri, dal disegnatore svizzero H.R. Giger, che di lì a poco sarebbe diventato noto per aver concepito la creatura extraterrestre del seminale Alien (Ridley Scott, 1979); l'immaginifico fumettista francese Jean Giraud, in arte Moebius, aveva realizzato uno story-board ante litteram disegnando in pratica quasi ogni inquadratura del film. Ma il Dune di Jodorowsky non si fece mai, nonostante la fase di pre-produzione fosse giunta a uno stadio avanzato. La storia di questa pellicola mai realizzata è narrata dallo stesso Jodorowsky in un documentario, anch'esso nelle sale italiane in questi giorni, dal titolo Jodorowsky's Dune (Frank Pavich, 2013). 

Nel 1984 ci provò David Lynch, reduce dalla buona accoglienza del suo secondo film, Elephant Man (1980). Il cineasta statunitense ebbe a disposizione un budget considerevole grazie alla produzione di Dino De Laurentiis, ma l'esperienza non fu positiva. Lynch aveva compreso che la complessità del romanzo non poteva essere racchiusa nei tempi di una narrazione convenzionale, per ritmo e durata, e realizzò una pellicola che nelle sue intenzioni doveva essere un "film-sogno" dall'andamento onirico e visionario. Ma le sue idee si scontrarono con i dettami della produzione. Così, nonostante l'universo visivo creato da Lynch e dai suoi collaboratori (lo scenografo Anthony Masters, il costumista Bob Ringwood, il direttore della fotografia Freddie Francis) possedesse un fascino indubbio, il film, ridotto a una durata di poco superiore alle due ore, risultò poco comprensibile. Lynch pretese che il suo nome fosse espunto dai titoli di testa, non riconoscendo la paternità dell'opera che uscì sugli schermi, e il film fu un insuccesso di pubblico.

Arriviamo così a Denis Villeneuve che già aveva affrontato con coraggio la "sfida" di dare un seguito a uno dei cult movie più famosi e "inavvicinabili", secondo i suoi accoliti, realizzando Blade Runner 2049. Regista capace come pochi nel panorama attuale di coniugare il lato autoriale e introspettivo del suo cinema con elementi da blockbuster, tanto che nel mio recente volume Storia e cultura del cinema (Pearson, 2021) lo ho etichettato come un "autore controcorrente", Villeneuve affronta la nuova versione di Dune riconoscendo il debito nei confronti del film di Lynch, al cui impianto visivo rimanda sotto molti aspetti (scenografie, costumi, atmosfera onirica e "sospesa"...), ma scegliendo anche deliberatamente di non "comprimere" una vicenda così articolata in una durata "canonica", così che il finale aperto, che tanto ha indignato alcuni spettatori, prelude platealmente a un possibile seguito. 

Tirando dunque le somme, dal film mai realizzato di Jodorowsky al blockbuster di Villeneuve, forse nessuna versione di Dune pare completamente riuscita. Alla fine, tra il mistico Jodorowsky, il visionario Lynch e lo ieratico Villenueve, forse nessuno dei tre "vince". Così il romanzo di Herbert conferma ancora una volta la sua ineffabilità e la sua irriducibilità a qualsiasi forma di linguaggio che non sia la parola scritta.

Riccardo Caccia
Docente di Storia del cinema (IULM)