Ex studente IULM premiato all'Indipendent Games Festival

Lorenzo Redaelli, laureato in Comunicazione, Media e Pubblicità nel 2017, è stato premiato all'Indipendent Games Festival, tra i più importanti festival al mondo dedicato agli autori di videogame indipendenti.

Lorenzo Redaelli ha trionfato nella categoria "Excellence in Narrative" con il videogame Mediterranea Inferno: un'opera nella quale tre amici — Claudio, Andrea e Mida — cercano di riavvicinarsi e di riprendersi dal trauma della pandemia organizzando una vacanza nel Sud Italia.

Come è nato il progetto di Mediterranea Inferno?


L'obiettivo era scrivere qualcosa sull'Italia di oggi, nella maniera più attuale e lucida possibile. Non è facile catturare il presente in un'opera multimediale, gran parte del lavoro consiste nell'acuire i nostri ricettori d'artista verso quello che ci circonda, così da intercettare segnali e poter letteralmente predire quello che accadrà. Le figure retoriche, in queste circostanze, si rivelano delle ottime alleate, perché permettono di sintetizzare l'esperienza in dei microcosmi, attenuando il margine d'errore.
Ho iniziato considerando lo stereotipo più comune e ampiamente accettato sull'Italia, che è l'estate italiana. Questo stereotipo è diventato un genere narrativo esplorato attraverso vari media sia da connazionali che da stranieri. Se da un lato questo, in quanto stereotipo, semplifica eccessivamente la complessità dell'esperienza italiana, dall'altro si rivela un punto di partenza comune e condiviso che funge da precedente per poter estendere uno storytelling nazionale in tutto il mondo. Il mito dell'estate italiana è diffuso tra i turisti che immaginano l'Italia come un parco a tema, ma è anche un mito per gli italiani, poiché le vacanze estive riportano ai tempi spensierati e prosperi degli anni '60, quando la produzione nazionale poteva permettersi di chiudere per un po' e la nuova borghesia (e non solo) si trasferiva sulle spiagge. La misura di questo mito è la pausa, la bolla chiusa, in cui tutto è portato al limite dell'opulenza. C'è qualcosa da dimostrare in questo atteggiamento, che crea aspettative, ed è da queste aspettative che nasce il rituale dell'estate italiana.
Come scrittore, trovo interessante esplorare la tensione tra mito e rito. Qualcosa non funziona più. Nonostante la recessione economica rispetto a 50 anni fa, gli italiani tendono ancora a prendersi una pausa dagli impegni lavorativi in agosto, portando a un paese deserto o affollato e disfunzionale. Questo influisce sui luoghi stessi, che perdono la loro autenticità e diventano città commercializzate, città di souvenir con prezzi alti per chi cerca esperienze umane e storiche genuine.
Così, ho capito che la vacanza italiana, nel suo senso più romantico, potrebbe diventare il giusto microcosmo per parlare dell'Italia di oggi, per fare un gioco sul presente, sfruttando anche alcune allegorie ed estendere le riflessioni che ne sarebbero emerse su più ampia scala.

Il tuo precedente lavoro, Milky Way Prince - The Vampire Star, aveva una forte nota autobiografica. Anche Mediterranea Inferno racconta una tua storia?


Milky Way è un diario personale tradotto sotto forma di video gioco, mentre Mediterranea vuole essere una narrazione collettiva, quindi, ipoteticamente, la storia di tutti. Il Covid e i suoi interminabili lockdown in Italia mi hanno colpito proprio mentre stavo passando da essere uno studente a diventare un adulto e un "professionista", dato che il mio primo gioco era appena uscito e stava ricevendo numerosi premi in tutto il mondo, venendo selezionato per eventi importanti ai quali non potevo partecipare. Avevo circa 24 anni. Penso che a quell'età ci sia un bisogno vorace in noi di dimostrare di essere diventati gli adulti che speravamo di diventare da adolescenti, perché hai paura che se non segui immediatamente la strada giusta diventerà praticamente impossibile realizzare i tuoi sogni e la tua visione. Inoltre, senti la pressione di passare a una vita adulta temendo che tutte le esperienze - che vedi romanticizzate nei film - che hai perso si trasformino in rimpianti insopportabili crescendo. Potrebbe sembrare esagerato se non sei più in quella situazione, ma ricordo di essere stato totalmente paralizzato da questo dilemma, bloccato dall'impossibilità di vivere queste esperienze che mi spettavano di diritto. E ricordo che anche i miei amici e coetanei erano divorati da questo senso di impotenza, frustrazione e paura. Tutto ciò ha portato a relazioni umane spezzate, ha fatto emergere un individualismo tossico, qualcuno semplicemente è scomparso. Così ho voluto esplorare questa nuova società che stava emergendo, queste nuove dinamiche. Alla fine non si trattava tanto del tempo perso, ma più della frustrazione nata dall'impossibilità di soddisfare i nostri desideri.
Dopo gli anni che abbiamo perso, ognuno di noi ha avuto una sete personale di rivincita; per me è stato abbastanza immediato tradurre questo sentimento in una vera e propria gara, una sorta di battle royale. Mi chiedevo fino a che punto certi personaggi si sarebbero spinti se fosse stata data loro la possibilità di raggiungere l'appagamento personale assoluto.

Come è stata l'esperienza agli IGF? Ti aspettavi questa vittoria?


Non mi ero reso conto della portata dell'evento e di che onore fosse essere stato nominato finché non sono giunto a San Francisco. È stato un frullatore di emozioni positive, non mi aspettavo di vincere assolutamente, il che ha reso la vittoria ancora più iconica. Ho scritto il discorso alle 4 del mattino solo perché chiunque intorno a me ha insistito che lo facessi. A parte il trionfo devo dire che l'aspetto più positivo dell'esperienza è stato aver conosciuto la scena queer di game designer a cui io stesso mi sono ispirato e venire accolto da loro come fossimo amici da sempre. Mi sento molto meno solo come creatore nell'industria ora.

Tu sei laureato in Comunicazione Media e Pubblicità con una tesi sui Kaiju, quindi hai conseguito il Master of Arts in Game Design. In che modo la tua formazione in IULM ha contribuito alla tua crescita professionale nel mondo del game design?


La triennale è stata un'ottima palestra per confrontarsi con i vari aspetti legati alle industrie di produzione multimediale e capire quali realtà e quali references mi interessassero davvero e risuonassero con me e con la mia filosofia umana e artistica. Il Master of Arts in Game Design, in particolare, è stato utile per mettere a fuoco una visione autoriale matura ed efficace. Sempre al master riconosco di avermi messo in contatto con personalità top nel settore.