Il diritto romano - Fiori
La concezione del diritto nella Roma arcaica
Nel linguaggio comune è consueto l’uso promiscuo dei termini ‘diritto’ e ‘legge’. Le ragioni di questa promiscuità sono naturalmente da ricercare nel ruolo assorbente che nel pensiero moderno occidentale la legge ha assunto rispetto alle fonti del diritto, e al rilievo sostanzialmente esclusivo del diritto ‘posto’ dall’autorità, il cosiddetto ‘diritto positivo’.
Anche nella storia del diritto romano il ‘diritto positivo’ ha avuto un ruolo importante, ma esso si inseriva – particolarmente, ma non solo, in età arcaica – all’interno di una più ampia concezione del diritto come ordinamento giusto e razionale del cosmo, e della iuris
prudentia come scienza che mira ad appropriarsi della realtà, scoprendo e rendendo evidenti le regole che reggono i rapporti tra dèi, persone e cose, al fine di evitare contrasti tra le scelte della comunità cittadina e l’ordine cosmico, preservando la situazione di equilibrio che i Romani chiamavano pax
deorum.
Questa visione del diritto – e la centralità della iuris prudentia che ne deriva – è molto risalente e costituisce probabilmente un’eredità indoeuropea, poiché si inserisce in un fenomeno, da tempo rilevato, di conservazione del vocabolario del diritto e della religione in civiltà molto distanti tra loro come quelle celtica, indiana e romana, tutte caratterizzate dalla presenza di gruppi sacerdotali impegnati nello studio delle tradizioni giuridico-religiose della comunità.
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Biografia
Roberto Fiori è professore ordinario di Diritto romano nell’Università di Roma ‘Tor Vergata’. I suoi interessi scientifici si concentrano sul diritto romano dell’età arcaica, sul diritto romano dei contratti, sul processo civile, sui rapporti tra filosofia greca e diritto romano, sulla storia del diritto privato europeo.
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