Prima che interpreti e traduttori, siamo affamati lettori,
decodificatori di messaggi che vanno oltre la parola scritta e orale. È per questo
sguardo sul mondo che condividiamo lo sconcerto del nostro professore Paolo
Nori per la scelta dell’Università Bicocca (in seguito smentita) di annullare
un suo corso su Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Una ferita per le nostre
coscienze di cittadini e professionisti della parola in un mondo libero,
fondato sulla pace e la cooperazione internazionale, oltre che un affronto
ingiustificabile per un intellettuale come Paolo Nori.
Dostoevskij, pilastro della letteratura mondiale, non può
essere improvvisamente accantonato soltanto perché russo. Proprio lui che ebbe
su di sé l’ombra della condanna a morte da parte del regime zarista, per motivi
politici. Riteniamo che la letteratura debba fungere da insegnamento, da
rifugio sicuro e non da arma di protesta passiva.
Siamo piuttosto convinti che un ciclo di lezioni su
Dostoevskij sia, in questa drammatica fase, un monito per dimostrare che la
letteratura ha vita propria, non si fa sulla politica, e viceversa, la politica
non può farsi sulla letteratura e sulla cancellazione di essa, soltanto sulla
base di un’etichetta linguistica comune. Proprio per queste ragioni invitiamo l’Università
IULM a chiedere al prof. Paolo Nori, apprezzato docente nei suoi corsi ormai da
lungo tempo, di tenere dei seminari su Dostoevskij anche nel nostro ateneo. Si
tratterebbe di una preziosa opportunità di riflessione e approfondimento di cui
noi studenti saremmo molto grati.
“Ecco, in questi giorni mi è venuto da pensare che Gogol’, e
Bulgakov, grandi scrittori russi, sono nati in Ucraina. E che gli scrittori
nati in Ucraina come Gogol’, e Bulgakov, e Anna Achmatova, e Isaak Babel’, e
Il’ja Il’f e Evgenij Petrov hanno contribuito alla gloria della lingua russa”,
ha scritto il professor Nori nel suo recente articolo intitolato “Le anime
morte e la guerra di Putin” (Il Foglio, 28 febbraio).
In un momento straziante per l’umanità, crediamo la
letteratura russa sia farmaco e non veleno. Che metterla a tacere ferirebbe la
cultura del popolo ucraino, parte della nostra grande cultura europea.
Il dolore che proviamo non deve farci perdere i valori
fondamentali della nostra società, esattamente quelli per cui condanniamo
l’aggressione subita dal popolo ucraino e ammiriamo gli esponenti mondo della
letteratura, della fotografia, dell’arte di ieri e di oggi che come Dostoevskij,
indipendentemente dalla loro nazionalità, ci hanno regalato pagine e messaggi
di pace.
Lo stile di vita, l’amore per la libertà in nome del quale
ripudiamo la guerra non conoscono nazionalità. Teniamo lontana ogni pulsione di
censura. Giù le mani dalla letteratura russa, giù le mani da Dostoevskij.
Gli studenti di Traduzione specialistica e Interpretariato
di conferenza in lingua russa dell’Università IULM