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CSR e coinvolgimento dei collaboratori
La CSR e il coinvolgimento dei collaboratori è il tema del Dialogo del CERC fra Roberta Bianchi, Università IULM, e Yasmine Longhi, E.ON.
Una doppia prospettiva, accademica e professionale, su un tema con rilevanti ricadute per la comunicazione interna.
L’opinione di Roberta Bianchi, Docente a contratto di Laboratorio di comunicazione pubblica e public branding, Università IULM
Tradizionalmente, la relazione azienda-comunità, basata sul reciproco rispetto e riconoscimento di valore, è stata caratterizzata da accordi di scambio nei quali la comunità chiede e l’azienda dona.
Oggi, a fronte di bisogni sempre più numerosi e complessi, organizzazioni ed enti non profit del Terzo Settore (TS) hanno assunto rilievo come intermediari tra le comunità e le aziende che riconoscono la necessità di inserire nei propri piani strategici temi, bisogni e in generale le istanze delle comunità di riferimento e della società in generale attraverso azioni di Corporate Social Responsibility (CSR).
Grazie all’intermediazione del TS, nel rapporto tra azienda e comunità la co-progettazione prende oggi il posto delle dinamiche tradizionali richiesta-donazione. Si instaura un nuovo rapporto basato su iniziative win-win come i progetti di volontariato d’impresa. Attività nelle quali i collaboratori, supportati dall’azienda, sono coinvolti in azioni di CSR.
Lato azienda i vantaggi sono misurabili in termini di reputazione e di engagement dei collaboratori.
Azioni a vantaggio della comunità e dell’ambiente contribuiscono a mettere in luce la presenza di un’identità chiara e distintiva dell’azienda. Identità che, se coerente con le dinamiche aziendali e quindi radicata e condivisa in modo omogeneo all’interno dell’organizzazione, è rappresentata e comunicata in modo informale all’esterno attraverso il cosiddetto employee megaphoning, anche per effetto del coinvolgimento diretto dei collaboratori nelle attività di volontariato d’impresa. Studi accademici rilevano come il risultato in termini di engagement sia proporzionale al livello di autonomia percepita, ossia in funzione di quanto i collaboratori sono coinvolti nella scelta delle iniziative e la partecipazione al volontariato risponde a requisiti di discrezionalità.
Lato collaboratore, è un fattore motivazionale di orgoglio e di valorizzazione della persona e della sua identificazione con l’azienda.
La funzione comunicazione interna gioca un ruolo chiave nella co-creazione di significato. La sfida consiste nel motivare alla partecipazione e alla condivisione. La strategia di comunicazione interna implica un clima di dialogo interattivo, aperto e simmetrico, il coinvolgimento attivo e l’ascolto anche per riconoscere gruppi di collaboratori (EGR Employee Resource Group) con bisogni e istanze della comunità già oggetto di attenzione e quindi da considerare nella scelta delle iniziative di CSR da attivare.
L’opinione di Yasmine Longhi, Corporate Communication & People Engagement, E.ON
Corporate Social Responsibility (CSR) significa per me condividere valore con i territori e le comunità in cui opera l’azienda, coinvolgendo chi già dà fiducia all’azienda e avvicinando chi ancora non la conosce, anche attraverso le azioni che parlano più delle parole.
È quindi sia un atto di restituzione sia di visione che include e coinvolge collaboratori, clienti e partner per arrivare al pubblico esterno.
In particolare, i collaboratori non sono semplici risorse: sono stakeholder attivi, coscienti, sempre più sensibili all’impatto sociale e ambientale dell’azienda in cui lavorano.
Il tema non è nuovo, ma oggi assume una centralità rinnovata. Da iniziativa virtuosa si è evoluto fino a diventare una leva strategica per reputazione, engagement e attrazione dei talenti. Gli attuali criteri ESG hanno inoltre dato un’ulteriore spinta, chiedendo alle aziende coerenza, trasparenza e impatto misurabile.
I vantaggi sono molteplici e concreti. Per l’azienda, significa rafforzare la propria identità, differenziarsi, creare cultura. Per i collaboratori, è un’occasione di crescita personale e professionale: poter contribuire a un progetto sociale genera orgoglio, motivazione e senso di appartenenza.
Ma non mancano i rischi. Il principale? L’incoerenza. Se la CSR viene percepita come imposta, scollegata dai valori dell’azienda o, peggio, come puro greenwashing, si genera un effetto boomerang. I collaboratori sono i primi a notare le dissonanze tra il dire e il fare. È quindi fondamentale che ogni iniziativa sia coerente, volontaria e condivisa, ancor meglio se in sintonia con i valori personali.
Qui entra in gioco la comunicazione interna. Non solo come strumento di diffusione, ma come spazio di ascolto e co-progettazione. La CSR non può essere solo annunciata: va costruita insieme, anche attraverso strumenti di ascolto attivo e momenti strutturati di confronto. I collaboratori devono riconoscersi nelle scelte dell’azienda e sentirsi protagonisti del cambiamento.
Sempre più spesso, vediamo candidati menzionare nel proprio CV esperienze di volontariato aziendale o impegno sociale. È un segnale chiaro: per molti, la coerenza tra i valori personali e quelli aziendali è diventata un criterio di scelta. CSR e coinvolgimento quindi non sono più “nice to have”, ma parte integrante del rapporto tra persona e organizzazione.
Essere se stessi anche sul lavoro, contribuire con autenticità, ritrovare nei progetti aziendali ciò che ci muove anche nella vita personale: è qui che la CSR diventa cultura. Ed è qui che la comunicazione interna trova la sua massima espressione.