Benessere organizzativo e sicurezza psicologica

Benessere organizzativo e sicurezza psicologica è il tema del Dialogo del CERC fra Nicola Castelli, Università IULM, e Simona Bargiacchi, Cromology.

Un’intervista a due voci offre spunti dal fronte accademico e da quello professionale su un tema sempre più rilevante per le organizzazioni odierne.

Quali sono i fattori abilitanti del benessere in azienda?

Nicola Castelli, Cultore della materia di Organizzazione d'impresa e gestione delle risorse umane, Università IULM: Che il benessere e la sua tutela siano diventati temi strategici per lo sviluppo delle organizzazioni è fuori di dubbio: essendo aumentate le aspettative sociali in tal senso, è di conseguenza cresciuta la sensibilità delle aziende. Tuttavia i confini di questo territorio restano difficili da tracciare e i fattori abilitanti in perenne ridefinizione. Quelli che possiamo considerare ormai consolidati e più presidiati sono tre:

  • Welfare: tutta la gamma di servizi ‘extra lavorativi’ (dalle convenzioni sanitarie a quelle con banche o assicurazioni, dalle palestre o asili aziendali ai corsi di yoga) progettati per offrire un work-life balance migliore, il cui gradimento è strettamente correlato all’accuratezza dell’analisi dei bisogni della popolazione aziendale.
  • Spazi: la concezione degli ambienti fisici in cui le persone svolgono il loro lavoro, in modo da rendere il meno faticoso possibile adattarvisi. Dalle dimensioni all’illuminazione, dai colori ai suoni passando per strumenti e attrezzature, il design degli spazi, compresi quelli per la socialità, impatta in modo significativo sul benessere percepito.
  • Modalità: con una tecnologia sempre più capace portare il lavoro everywhere & everywhen, introdurre laddove possibile accordi che consentano alle persone di svolgere le proprie mansioni con un certo grado di autonomia relativa a tempi e luoghi contribuisce a costruire quotidianità professionali soddisfacenti. Al netto delle legittime e fondamentali esigenze di coordinamento, questo è un ambito su cui oggi è particolarmente focalizzata l’attenzione delle imprese.     

Oltre a queste, ci sono altre aree tematiche da curare?

Nicola Castelli: Ci sono almeno altre due macro-aree tematiche che non possono essere trascurate, perché influenzano in modo determinante l’esperienza lavorativa in termini di benessere:

  • Clima: variabile sfuggente eppure onnipervasiva, è un fronte che coinvolge tutti coloro che partecipano alla vita aziendale. Ha a che fare con la qualità della comunicazione e la disponibilità alla collaborazione all’interno delle unità operative (reparti, funzioni, team…) e fra di esse.  
  • Stili di guida: la modalità con la quale le figure di responsabilità si relazionano con i diretti collaboratori nella gestione del team e con i colleghi nel coordinamento interfunzionale. Approcci manageriali che stimolano la partecipazione, l’ascolto e il rispetto reciproco tendono a influenzare positivamente il clima.

È interessante notare quanto la frontiera del benessere organizzativo sia sempre più orientata a entrare nel merito dei processi, delle prassi e quindi della cultura aziendale, suggerendo un ripensamento dell’esperienza lavorativa soprattutto sul fronte relazionale. Questo trend affonda le radici in un’istanza emergente sulla quale vale la pena soffermarsi: la sicurezza psicologica.    

Che cosa è la sicurezza psicologica? E perché è cruciale?

Simona Bargiacchi, Internal communications, wellbeing & University relations Manager, Cromology Italia: La sicurezza psicologica è la percezione condivisa all'interno di un gruppo di lavoro più o meno esteso che sia possibile fare domande, proporre idee o anche ammettere errori senza temere umiliazioni, ritorsioni o giudizi negativi. Non si tratta di creare ambienti privi di regole o scevri da conflitti, ma di coltivare uno spazio interpersonale dove ogni voce possa essere ascoltata con rispetto.

Nel contesto attuale, ricco di complessità, incertezza e cambiamento continuo, la vera leva competitiva sono le idee e la libera iniziativa individuale. Se le persone temono di essere giudicate, non condivideranno mai idee, segnali di rischio o errori commessi. L’assenza di sicurezza psicologica porta al silenzio organizzativo, all’immobilità, al fare il minimo indispensabile; il che equivale a sottoutilizzare le potenzialità delle persone facendo un vero e proprio autogoal.

Costruire sicurezza psicologica richiede tempo, trasparenza e coerenza da parte di tutta l’azienda, a partire dal leadership team. I benefici, in termini di performance sostenibile nel tempo, sono tali da rendere questo investimento il migliore possibile. Google già nel 2012 con il Progetto Aristotele lanciò un’indagine su oltre 180 team per rispondere alla domanda “Cosa rende un gruppo di lavoro efficace?”. Il risultato fu che il più importante fattore di successo non era né il QI, né la seniority, né la competenza tecnica dei membri, ma il grado di sicurezza psicologica percepito soggettivamente.

I tre pilastri su cui tale vissuto si fonda sono:

  1. Libertà di parola. Quando ognuno mette sul tavolo il proprio pensiero, le idee si possono sommare o intrecciare e contaminare. È così che si evolve.
  2. Disaccordo con rispetto. Se le conversazioni difficili non vengono evitate ma si affrontano in un clima di rispetto (cioè senza personalizzare il conflitto o interpretare il “non detto”), le persone e il team maturano insieme.
  3. Responsabilità individuale. Garantire sicurezza psicologica non significa abbassare gli standard o accettare un impegno mediocre: implica invece chiarezza espressiva, impegno nella relazione e responsabilità dei propri comportamenti.