Ascolto organizzato e manageriale

L’ascolto organizzato e manageriale è il tema del Dialogo del CERC fra Chiara Fisichella, Università IULM, e Maria Lucia Lezzi, MM.

Uno scambio di opinioni su un ambito di cruciale rilevanza per la comunicazione interna.


L’opinione di Chiara Fisichella, Docente a contratto di Gestione degli eventi aziendali e sponsorizzazioni, Università IULM

L’ascolto organizzato e manageriale si basa su un processo di ricerca che ha come fine quello di creare conoscenza, risorsa fondamentale per il raggiungimento di un vantaggio competitivo per l’azienda.

Conoscenza che è utile in tutte le fasi di pianificazione delle attività in azienda. Per esempio, nella fase iniziale permette di ottenere informazioni e dati che consentono ai manager di conoscere il contesto prima di prendere alcune decisioni e nella fase finale permette di valutare le attività in termini di impatto delle azioni implementate. E anche conoscenza che aiuta a prevenire crisi e permette di comprendere l’impatto dell’azienda rispetto ai cambiamenti nella società.

Affinché questa conoscenza sia utile, attendibile e aggiornata è necessario che il processo di raccolta di dati e informazioni sia impostato su metodologie e strumenti validati in modo scientifico, strutturato e gestito in modo manageriale. E che sia radicato nell’integrità e nella trasparenza, così come richiesto da uno dei Principi di Barcellona, definiti dall’Association for the Measurement and Evaluation of Communication e dall’Institute for Public Relations al fine di individuare linee guida internazionali per l’ascolto.

Un altro tema importante è quello che riguarda la lettura della conoscenza generata tramite l’ascolto: i manager dovrebbero disporre di un buon grado di conoscenza degli strumenti e dei metodi della ricerca scientifica. Anche perché l’ascolto inteso come valutazione finale delle attività pianificate permette ai manager di dimostrare il proprio valore come professionisti attraverso i risultati ottenuti, sia quantitativi sia qualitativi.

Non solo misurazione ma anche approfondimento ed esplorazione di temi poco conosciuti. Se la prima si raggiunge attraverso strumenti quantitativi come le survey, i secondi si ottengono attraverso strumenti di ascolto qualitativi come i focus group.

In riferimento alla comunicazione interna, l’ascolto ne è un fondamento e un traguardo: fondamento perché grazie ad esso si pianificano le attività; traguardo se lo intendiamo come una predisposizione che permette la creazione di un clima di voce all’interno dell’azienda. In questo senso, l’ascolto è cruciale a costruire un dialogo tra l’azienda, i manager e i collaboratori basato su un accordo di fiducia: che l’ascolto sia uno strumento per definire azioni che portino benefici ad entrambe le parti e che queste azioni siano poi messe in atto. Dalla voce alle azioni, dalle azioni alla voce.


L’opinione di Maria Lucia Lezzi, Responsabile Comunicazione Interna, Formazione ed Employer Branding, MM

L’ascolto è alla base di ogni relazione sia personale che organizzativa. Nell’organizzazione è il terreno su cui si innesta ogni azione, ogni progettualità prevede sempre una prima fase di ascolto: delle esigenze, della cultura organizzativa, delle singole persone.

L’elemento più importante dell’ascolto è la fiducia: se io non mi fido di te, non ti dico la verità. La fiducia nell’organizzazione passa dalla fiducia nel proprio capo che è anche la catena di trasmissione della strategia aziendale. Spesso i manager non dedicano sufficiente tempo all’ascolto non comprendendone appieno l’importanza e il potenziale, mentre dovrebbe essere chiaro che la capacità di ascolto è una risorsa che ha un costo ma che diventa poi un vantaggio competitivo.

Però l’ascolto alimenta aspettative, quindi deve essere strutturato, attivo, avere concretezza e mettere in atto delle azioni. Altrimenti il rischio è che diventi e venga percepito come uno sfogo fine a sé stesso e dunque di nessun vantaggio per l’organizzazione, se non controproducente.

Il rischio concreto è di non sapere ascoltare correttamente: tendiamo ad ascoltare troppo quelli che urlano; abbiamo difficoltà a filtrare e a capire l’autenticità di quello che ci viene detto se non abbiamo una visione chiara e completa dei processi e delle persone. Per questo è importante che l’ascolto manageriale sia mirato e orientato.

La comunicazione interna da una parte si alimenta dell’ascolto e dall’altra ne è la regia e ne orienta le azioni. Pensiamo ai temi dell’engagement o del clima organizzativo.

Gli strumenti si sono moltiplicati e semplificati ma non so se abbiano guadagnato in efficacia e affidabilità.

Le indagini di clima o le survey forniscono un’idea dei trend ma non indicazioni approfondite e puntuali. I focus group, nei quali i collaboratori sono molto partecipi, non sempre sono un campione rappresentativo. Le exit interview possono risentire di parzialità. Se ben condotti, i colloqui strutturati con i manager o con gli HRBP rappresentano la forma di ascolto più autentica e corrisposta. Le organizzazioni sindacali rappresentano un ulteriore strumento per comprendere le esigenze delle persone.

Questi strumenti vanno ricondotti a una strategia strutturata, sistematizzata e convertita poi in azioni concrete e misurabili.

Un ultimo pensiero riguarda il fatto che le organizzazioni dovrebbero avere una struttura istituzionalizzata che progetti e applichi un piano di ascolto attivo a vari livelli, in grado di analizzare e valutare ogni istanza e indirizzare le azioni. La Comunicazione interna?