Le peggiori diete per la salute

Le diete più popolari possono essere anche le peggiori diete per la salute? Se non sono fatte sotto supervisione medica sì. «Il primo errore da evitare quando si sceglie una dieta è lasciarsi influenzare dalle mode del momento.»

Con le diete, che prevedono di ridurre drasticamente i carboidrati aumentando le proteine e i lipidi, si può ridurre l'accumulo di grasso per utilizzarlo a scopi energetici. La diminuzione dei livelli di glucosio, costringe il corpo ad attingere l'energia dal grasso attraverso la chetosi. Una dieta squilibrata, come quella priva di carboidrati, comporta il consumo di troppe proteine animali e grassi saturi, con il rischio di un aumento del colesterolo e del livello di glicemia.  «Effettivamente fanno perdere peso, ma fanno male se protratte nel tempo e comunque vanno intraprese sotto controllo medico.» 

Le diete vegane e vegetariane sono invece regimi alimentari motivati da ragioni etiche, che non vanno scambiati per metodi dimagranti. Il rischio, per esempio, è quello di mangiare molti formaggi calorici per sostituire la carne, mentre nel caso dei vegani, olio e legumi come i ceci hanno più calorie di un piatto di pasta, quindi vanno assunti con moderazione. 

Come riconoscere una dieta dannosa per la salute

«Sono potenzialmente dannose le diete che non sono equilibrate, per esempio quelle monotematiche. E poi le diete brevi che promettono risultati lampo: il problema sorge quando le persone usano le diete rapide come regimi di mantenimento sul lungo periodo. Non vanno bene anche le diete che non sono associate all'attività fisica, che è il vero motore per velocizzare il metabolismo, così come le diete senza un fondamento scientifico. Attenzione al digiuno intermittente perché non è adatto a tutti gli stili di vita. Questo regime alimentare non serve a dimagrire, ma aiuta a contrastare l'ossidazione cellulare e quindi l'invecchiamento dell'organismo. In tutte le culture si è sempre praticato il digiuno, ma non va scambiato come una dieta dimagrante». 


Articolo pubblicato il 2 marzo 2023 su Vanity Fair